17 ottobre 2005

Una zanzara fastidiosa: chi sei?

Chi siamo noi? O meglio, chi sei tu che leggi queste righe? Tu che sei arrivato per caso o magari perché ti hanno consigliato l'indirizzo? Hai un nome, un cognome e una carta di identità con tanto di foto nel portafoglio. Si, ma chi sei? Un miscuglio di acqua e di nervi? O un'anima imprigionata in un corpo? Una reincarnazione di un unicorno? Un sogno di Shakespeare? Una visione che gli altri hanno di te? La verità è che non lo sai nemmeno tu. Potresti rispondere affermativamente ad ognuna di queste domande, e nessuno potrebbe contraddirti fino in fondo. Allora cosa sei? Pensaci bene. Tu sei quello che deve rispondere. Di più, tu sei quella cosa, quella definizione che userai come risposta. Tale è la forza della rappresentazione che uno fa di sé, e dalla rappresentazione non si sfugge. Sei dentro il circolo della rappresentazione, sei il personaggio sul proscenio. Che sia un monologo, un dialogo o grand guignol, tu sei il regista ed il protagonista. Niente ti può salvare, se non te stesso. Qualsiasi tipo di marionetta tu sia, i fili ce li hai tu. Certo, è inevitabile che la tua libertà trovi dei limiti, che i tuoi fili vadano ad ingarbugliarsi con quelli degli altri, anche perché il palcoscenico è piccolo, molto più piccolo di quello che si potrebbe pensare.

Forse non l'hai ancora capito. Forse preferisci non capirlo, saltare la domanda e fare qualcosa di meglio. Già, fare. Il verbo che trionfa. Al di là di ogni poesia, termine che in greco significa fare, creare. Ma fare come è inteso dal senso comune, è pura azione, turbinio e stordimento. Continuiamo a fare cose nuove, a inseguire il cambiamento, a correre per non vedere un panorama che sta fermo. Così evitiamo la domanda più fastidiosa del mondo, la zanzara malarica: chi sei? Guardati allo specchio, senza imbellettarti, o la sera, quando la cipria cade. Non sei ancora tu, ma inizia da lì. Poi cerca in fondo agli occhi, tra i pori della pelle liscia o al limitare della prima ruga. Chi sei? Non ho detto come sei, che l'umore cambia di attimo in attimo. Ti ho chiesto chi sei, ti ho domandato circa lo zoccolo duro, non ti ho interrogato sulle parti molli. Hai ancora voglia di fuggire la risposta, vero? Anzi, la domanda ti irrita. Ma tu guarda dove sei finito…

Non importa. Vivi come ti pare. Qui non ci sono consigli e nemmeno fenomenologie kantiane. Non c'è nemmeno un Socrate che pone domande scomode, o per lo meno non insiste più di tanto. Tanto arriverà il momento in cui sarai tu, che persa ogni cosa, sotto un cielo grigio o appeso ad un petalo rosso sangue, ti porrai la regina di tutte le domande: chi sono io? E se tenterai di rispondere sarai qualcuno, altrimenti ti perderai, nell'abisso dei dormienti, degli uomini geranio che stanno lì a scacciare le zanzare sul davanzale della vita.

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