27 febbraio 2006

I miei padroni

L'ora è tarda
e perfino i fantasmi russano
ma testardi mendicanti bussano alla mia porta
chiedendo di divenire miei servi.
Quale umiltà nelle loro petizioni,
quale ingenuità:
essi sono i miei padroni,
a loro m'inchino
mentre mi raccontano l'ennesimo amore
affogato in un bicchiere di vino,
mentre spero in un sole notturno
che mi tolga la nostalgia del mattino.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

C'era una volta un ragazzo, spensierato e allegro che con disinvoltura viveva e godeva.
un giorno il buio calò sui suoi occhi e sul suo cuore e tutto quello che prima era bello e vivo gli sembrò come morire.
la luce e i colori persero la loro intensità e tutto divenne plumbeo e insensato, come sopportare il peso di tale lenta agonia?
voci e logori appesantivano l'animo, in un labirinto senza uscita l'eco di piacevoli ricordi sprofondava dimenticato.
l'urlo di dolore rieccheggia ancora in quei luoghi dove l'uomo ha perso lo spirito e da cui arduo è il ritorno, dove angeli instancabili soccorrono gli animi violentati, ma che come fantasmi spaventano e turbano chi incontrano sul sentiero.
Lunga ardua e assai ripida è la salita verso il luogo che per noi tutti è stato studiato e di cui ormai nessuno ha più ricordo.

Stepius ha detto...

Perso tra il biblico e il profetico, il conscio e l'anestetico, tormentato da un dubbio amletico, mezzo santo e mezzo eretico: complimenti io non replico.